LA CASA DI MICOL - INCOLMABILE....

10 gennaio 2012

REBECCA

La pioggia ha dipinto con tutte le sfumature del grigio ogni cosa, cadendo impregna i muri, i marciapiedi, i teloni delle attività commerciali, anche l'impermeabile di Rebecca si fonde in una scura tonalità e che la pioggia lo bagni a lei sembra non importare. 
Seduta al tavolino di un bar, vista in secondo piano, la sua esile figura sembra impersonare una comparsa fuori dalla scena di un corto, mentre i pedoni corrono sotto probabili ripari, lei ha lo sguardo fisso sulla piccola pozzanghera che si allarga sul cerchio di metallo bianco del tavolino di gusto retrò.
Indefinibili i suoi pensieri si sono persi nella confusione di un mattino invernale, il suo sguardo è vago e reso ancora più chiaro da un tentativo di pianto soffocato dalla tremula volontà di non compiangersi.
Istintivamente si alza, rovesciando appena la sedia, ha deciso che un pò di movimento l'aiuterà a distrarsi da quell'ossessivo quadro che le opprime la mente.
Si renderà presto conto che nemmeno la concentrazione sul suo passo svelto e il continuo accozzarsi contro pali e persone la riporterà nella reale dimensione che la vede protagonista.
Non ode che l'unico sordo rumore dei suoi ragionamenti derivare dal nastro che ripetutamente riavvolge e sembra non abbia intenzione di spezzarsi.
Si ferma ad ascoltare il ricordo della sua voce senza impedirsi di rivivere l'ultimo incontro con la persona che orgogliosa affermava di conoscerla meglio di chiunque altro, anche di se stessa.
Quanto tempo della sua vita gli ha concesso?
Ma in fondo serve a qualcosa misurare il tempo? Anni, mesi o giorni, poche ore, che differenza fanno quando è lacerante anche respirare per quell'incredibile addio rivelatosi come un bambino dispettoso tra i fili di seta dei suoi lunghi capelli.
E' arrivato col sapore di un bacio doloroso, levando il fiato, dal sorriso dell'incontro alla maschera di sofferenza dell'abbandono.
 Quanto aveva atteso quell'uomo? Forse una vita!
 L'uomo ideale, l'uomo che l'avrebbe sorretta, amata.
 Ora tutta la sua dedizione le appare come una farsa.
Cerca nel contenuto dei tanti discorsi, una menzogna, una pecca e se riesce a trovarla si contorce in una maledizione contro se stessa per non aver compreso meglio quel che voleva realmente da lui?
 Dove era finito, in quei momenti, il suo istinto che si dimenticava di darle conforto?
 Gelosia? Possesso? No! Niente di tutto questo, solo un mare di inebetito rimpianto per non aver capito subito dove sarebbero arrivati, quale sarebbe stata la portata della sofferenza.
 "Ti ho amata come se fossi stata la prima donna della mia vita... ti amerò come se fossi l'ultima..."
Forse tutto il mistero stava lì, in quella frase un pò troppo romantica e inusuale per un uomo della sua età, troppo vera per non colpirla, troppo forte per non circuirla fino a partorire quell'assurda idea che la trovava a contemplare da sola una città carica di ricordi.
Nessuna certezza, niente è umanamente sicuro e lui sarebbe dovuto essere quello che l'avrebbe stretta per sempre a se in quell'amore unico.
Rebecca accende una sigaretta fra le mani che visibilmente tremano tradendo un'emozione.
Sussulta davanti all'orologio che per un istante la costringe a prendere in considerazione un' inevitabile incidente, ha dimenticato se stessa e il suo lavoro, ha dimenticato anche qualcos'altro, fa un veloce inventario e ricorda, sorride ma continua a camminare apparentemente senza meta.
Un timido raggio di sole attraversa le nuvole e si infrange su una vetrina, lei si guarda riflessa. La sua immagine distorta dal vetro inumidito e opacizzato dallo smog sembra non rimandarle un'immagine dai contorni precisi.
 Rimane ad osservarsi ipnotizzata da un pensiero, sospira insistentemente e cerca di raccogliere i cocci di se per trovare la forza per ricomporre la propria identità, solo allora si compiacerà di se stessa.
A tre isolati di distanza, la suoneria di un telefonino posato sul tavolino bianco dal gusto retrò di un bar non cessa la sua chiamata.
 La pioggia non cade più.
Micol 





"Gli uomini bramano sempre essere il primo amore di una donna, e questo è un effetto della loro stupida vanità. Noi donne abbiamo un istinto più sottile. Ciò che ci piace essere... è l'ultima storia d'amore di un uomo. 
Oscar Wilde"


11/09/2007 - 00:09

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